Visto di conformità su dichiarazioni per crediti inesistenti – la responsabilità penale del professionista

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Premessa

Nella veste di professionista incaricato in attività di consulenza contabile e fiscale il commercialista può rispondere del reato del cliente anche a titolo di dolo eventuale.

La particolarità e la complessità del sistema fiscale italiano, ricco di adempimenti e di tecnicismi vari ha messo, infatti, la giurisprudenza di fronte alla possibilità del “concorso” del professionista nell’illecito penale-tributario posto in essere dal contribuente.

A ben vedere, il professionista, attraverso la delega conferita dal cliente, fornisce il suo apporto per adempiere correttamente agli obblighi fiscali. Pertanto, dalla sua condotta possono emergere i presupposti soggettivi e oggettivi del concorso penale nel reato.

Di questo avviso è la Suprema Corte che nella recente pronuncia n. 2351/2022 ha ribadito che il professionista è penalmente responsabile nel momento in cui appone il visto di conformità sulle dichiarazioni fiscali e invia i modelli F24 con cui vengono effettuate compensazioni indebite.

Nello specifico, trattasi del reato di indebita compensazione di crediti inesistenti, ex art. 10-quater del Dlgs n. 74/2000[1], aggravato dal fatto di essere commesso da un professionista che predispone modelli di evasione fiscale, di cui all’art. 13-bis, comma 3 del Dlgs n. 74/2000[2], nell’esercizio della sua attività di consulenza fiscale.

Rileviamo, infine, che sempre nella stessa sentenza i giudici di legittimità, nel sostenere la responsabilità penale del contribuente, hanno chiarito quali sono i confini del concorso nel reato, identificando gli elementi necessari al fine di considerare penalmente rilevante la condotta del professionista.

Di seguito l’analisi della tematica.

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